Milano design week 2025: visibilità alle stelle, ma i brand stanno davvero raggiungendo i clienti giusti?
Ogni anno la Milano Design Week attira migliaia di visitatori da tutto il mondo, trasformando la città in un hub creativo a cielo aperto. Tra installazioni spettacolari, eventi esclusivi e vetrine firmate dai migliori designer internazionali, è impossibile ignorare la presenza crescente di influencer, content creator e... gadget ovunque.
Ma per chi lavora nel mondo del digital marketing e del branding strategico, una domanda sorge spontanea: Tutta questa esposizione mediatica si traduce davvero in nuovi clienti in target, o solo in un picco di brand awareness?
Influencer, gadget, social e Amazon
Influencer e gadget: visibilità sì, ma a che prezzo?
Durante la Design Week, i brand investono cifre importanti in allestimenti scenografici e gadget personalizzati, con l’obiettivo di essere instagrammabili e accattivanti agli occhi degli influencer.
E funziona: i contenuti si moltiplicano, i tag aumentano e la visibilità del brand esplode.
Tuttavia, la quantità di contenuti generati non è sempre proporzionale alla qualità del pubblico raggiunto. In molti casi, i brand finiscono per attrarre una platea generica, poco interessata davvero a prodotti o servizi, ma molto attiva nel “collezionare eventi” e “freebies”.
Brand awareness ≠ acquisizione clienti
La brand awareness è senza dubbio un asset prezioso. Posizionarsi come marchio “di tendenza” nella settimana più creativa dell’anno può consolidare l’immagine del brand, renderlo più riconoscibile e autorevole.
Ma attenzione a non confondere la notorietà con l’effettiva conversione.
Chi si occupa di branding digitale, sa bene che:
- Essere visti non significa essere scelti.
- L’interesse effimero generato da un gadget non è detto che si trasformi in engagement reale o vendita.
- Raggiungere tante persone fuori target può diluire l’identità del brand, anziché rafforzarla.
Il vero valore: posizionamento e strategia
Per ottenere un ritorno strategico concreto dalla Design Week (o da qualsiasi evento di grande portata), serve una visione chiara:
- Non puntare solo su effetti wow, ma su narrazioni autentiche.
- Collaborare con influencer selezionati, allineati con i valori e il target del brand.
- Usare l’evento come occasione per rafforzare il posizionamento, non solo per aumentare follower.
- Un brand che sa comunicare in modo coerente, anche durante eventi ad alta visibilità, si distingue e si radica nella mente delle persone giuste.
Social media e Design Week: amplificazione o distorsione?
I social hanno dato un’enorme amplificazione alla Design Week, rendendola globale, accessibile anche a chi non può essere fisicamente presente, e offrendo nuove forme di narrazione. Ma al tempo stesso, hanno portato con sé una distorsione dell’esperienza: si è passati dal vivere il design al fotografarlo, dal cercare ispirazione al collezionare selfie davanti all’installazione più instagrammabile.
Il rischio è che il focus si sposti dal contenuto al contenitore, dal messaggio all’estetica, e che l’evento diventi una scenografia per influencer invece che uno spazio di riflessione, innovazione e cultura del progetto.
Paradossalmente, alcuni brand assecondano questa dinamica perché offre visibilità immediata, ma a lungo termine si perde il valore profondo che la Design Week ha sempre rappresentato: creatività, sperimentazione, dialogo tra discipline.
Forse il punto è questo: i social non sono il problema in sé — il problema è come li usiamo. Possono essere uno strumento potente anche per raccontare il design in modo autentico e intelligente. Ma ci vuole coraggio per andare controcorrente, per non cedere alla spettacolarizzazione a tutti i costi.
Considerazioni
La Milano Design Week è una vetrina straordinaria, ma va affrontata con strategia.
Come web designer e digital strategist, credo che oggi più che mai sia essenziale andare oltre l’hype per costruire connessioni autentiche, durature e coerenti con i propri obiettivi di business.
Da un lato, la Design Week di Milano è un’occasione incredibile per fare storytelling visivo e conquistare l’attenzione. È un palcoscenico immenso dove l’estetica e la creatività regnano. Ma proprio per questo, rischia di diventare una corsa all’effetto wow, dove l’obiettivo passa dall’ingaggio reale al puro numero: più like, più foto, più gadget, più tutto.
Spesso questa sovraesposizione crea un rumore di fondo: tutti vogliono esserci, ma pochi riescono davvero a farsi ricordare nel modo giusto.
Dal mio punto di vista da stratega digitale, credo che l’effort che i brand fanno in questo tipo di contesti abbia senso solo se integrato in una strategia di posizionamento chiara, altrimenti si rischia di fare fuochi d’artificio che non lasciano traccia.
La visibilità può essere un trampolino, certo, ma senza continuità e coerenza non porta clienti, porta spettatori.
Caso studio: Amazon all'Università Statale di Milano – quando il brand si mette (intelligentemente) da parte
Tra le tante installazioni protagoniste della Design Week 2025, una in particolare ha colpito per la sua eleganza silenziosa: lo spazio curato da Amazon all’interno dell’Università Statale.
A differenza di molti altri brand, Amazon ha scelto un approccio più sobrio e rispettoso del contesto. Niente luci accecanti o brandizzazione eccessiva, ma una presenza velata che ha saputo valorizzare l’ambiente storico e dare centralità agli oggetti di design esposti, piuttosto che a se stessa.
Questa scelta strategica racconta molto del potere del soft branding:
- Essere riconoscibili senza invadere.
- Farsi ricordare per la qualità dell’esperienza, non per l’insistenza del messaggio.
- Creare un’atmosfera coerente con i propri valori, in sintonia con il pubblico.
- Un ottimo esempio di posizionamento elegante, che mostra come anche i grandi brand possano comunicare senza sovraesporsi, lasciando che sia il design — e non gadget o influencer — a parlare.